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67 Articles

WARS I NOSTRI ESPERTI

GIORGIO ALBERTINI Milanese, 48 anni, laureato in Storia medievale, illustratore professionista per case editrici e riviste ( giorgioalbertini.com ). GASTONE BRECCIA Livornese, 54 anni, bizantinista e storico militare, ha pubblicato saggi sull’arte della guerra, sulla guerriglia e sulla missione ISAF in Afghanistan. FRANCESCO CHIONNA Ufficiale incursore della Marina Militare, si è congedato col grado di contrammiraglio dopo aver comandato COMSUBIN. RAFFAELE D’AMATO Piemontese, 51 anni, studioso di storia militare romana e professore di storia e archeologia antica e medievale alla Fatih University di Istanbul. ANDREA FREDIANI Romano, 53 anni, medievista, ha scritto vari saggi di storia militare e romanzi storici di successo ( andreafrediani.it ). FABIO RIGGI Romano, 43 anni, si occupa di tematiche militari a livello professionale. Ha collaborato con riviste militari specializzate.…

WARS I NOSTRI ESPERTI

ELICOTTERI IN BATTAGLIA

All’aeroporto di Ciampino, seminascosto tra siepi e fermate di pullman, ignorato dai turisti frettolosi c’è un monumento con l’iscrizione: “Un modello di elicottero progettato dall’ingegner Enrico Forlanini, prima macchina aerea a motore termico, volò a Milano nel 1877”. Lui e altri ingegneri italiani, come Corradino D’Ascanio, hanno contribuito allo sviluppo delle macchine a decollo verticale che oggi chiamiamo elicotteri. L’elicottero è classificato come un aeromobile più pesante dell’aria, ad ala rotante: questo significa che il rotore principale, sagomato come l’ala di un aereo, ruotando genera portanza, cioè una spinta verso l’alto tale da sollevare il mezzo. Nell’aeroplano, invece, la portanza è generata dalle ali una volta che il mezzo ha raggiunto una certa velocità orizzontale (in sostanza, lo stesso effetto che fa la mano a cucchiaio messa fuori dal finestrino dell’auto…

ELICOTTERI IN BATTAGLIA

L’EVOLUZIONE DEGLI ELICOTTERI

FL-282 KOLIBRÌ durante un test nel 1944. Prima di questo aeromobile progettato dai tedeschi, i soli velivoli capaci di decollo verticale erano i piccoli aerei da osservazione, come il mitico Fieseler FI-156 “Storch”, la “cicogna di Rommel”, che poteva decollare e atterrare in poche decine di metri. FA-223 DRACHE (“Drago” in tedesco) del 1940, anno in cui avvenne il suo primo volo. La fusoliera è chiaramente ispirata a un aereo. Fu uno dei primi elicotteri operativi al mondo, prodotto dall’azienda tedesca Focke-Achgelis e usato in maniera marginale dalla Luftwaffe nella Seconda guerra mondiale. PIASECKI H-21, detto anche “banana volante”, in volo nel Sud Vietnam nel 1962, impegnato nel trasporto di un obice da 105mm. In Vietnam esordirono le operazioni aviotrasportate su vasta scala: gli elicotteri dovevano far affluire al fronte intere divisioni.…

L’EVOLUZIONE DEGLI ELICOTTERI

Tra finzione e realtà

La scena dell’attacco al villaggio del film cult Apocalypse now può essere considerata, dal punto di vista tecnico-militare, un documentario d’istruzione. Gli agili elicotteri OH-1 sorvolano gli obiettivi e li indicano alle “cannoniere volanti” UH-1 armate con razzi e mitragliatrici a canne rotanti. Una volta ammorbidite le difese avversarie e individuata una landing zone (area d’atterraggio) idonea, gli elicotteri UH-1 versione slick, ovvero disarmati, scaricano la fanteria che inizia il combattimento terrestre (sotto). L’azione prosegue da terra e dal cielo intrappolando l’avversario in una killing zone da cui nessun nemico può uscire vivo. I primi feriti vengono sgomberati dagli elicotteri Medevac (Medical Evacuation) o vengono caricati brutalmente su elicotteri che hanno appena rilasciato i fanti. Soldati ed elicotteri, sotto la guida di un unico comandante (nella sequenza impersonato da Robert…

Tra finzione e realtà

Boeing CH-47 Chinook

Entrato in servizio negli anni ’60, il CH-47 Chinook è stato l’aeromobile più utilizzato per il trasporto truppe dall’esercito statunitense. Il gigante fabbricato dalla Boeing è stato impiegato in differenti versioni, a partire dal Vietnam fino alle guerre in Iraq e Afghanistan. Oggi è in uso anche all’Aviazione dell’Esercito Italiano (AVES) con il modello CH-47F, equipaggiato con due motori Honeywell T55-GA-714A, che ha sostituito i vecchi CH-47C del 1973. Produttore Boeing; in Italia è fabbricato su licenza da AgustaWestland (gruppo Leonardo) Primo volo 21 settembre 1961 Entrata in servizio 1962 Peso a vuoto 10.185 kg Unità costruite più di 20.000 (di tutte le versioni) Equipaggio minimo 2 piloti, 1 tecnico di bordo Peso carico 12.100 kg Velocità di crociera 256 km all’ora Velocità massima 315 km all’ora Autonomia 2.060 km Raggio d’azione 425 km Motore 2 turbine Lycoming T55-GA-714 IL NOME Tradizionalmente la maggior…

Boeing CH-47 Chinook

IN ALTA UNIFORME

Mai come oggi l’uniforme militare è stata tanto vicina alla radice etimologica del termine. Le tenute da combattimento e da lavoro dei soldati contemporanei, pur nella loro evidente ipertecnicità, sono immancabilmente mimetiche. Questo comporta che le differenze tra le divise nazionali siano quanto mai azzerate: uniformi appunto. Di variabile resta poco, giusto la differenziazione in base alla latitudine e allo scenario in cui vengono impiegate. NOSTALGIA PER UN TEMPO. Per ritrovare la ricchezza dei colori tradizionali e lo sfarzo delle gloriose uniformi di “una volta” dobbiamo ormai guardare solo alle uniformi di gala, a quelle speciali usate in ambiti cerimoniali, o comunque alle alte uniformi relegate ai servizi di rappresentanza e di guardia ai palazzi di presidenti e sovrani. In queste piccole oasi di magnificenza la stratigrafia dei secoli si sedimenta sugli…

IN ALTA UNIFORME

LE BATTAGLIE DIMENTICATE

Esistono battaglie che non godono di “buona stampa” quanto altre, pur essendo state perfino più decisive, determinanti per il corso della Storia. Perché? I fattori dipendono spesso dall’orientamento e dalla ricchezza delle fonti a disposizione degli storici: per le vittorie di Cesare, per esempio, disponiamo dei resoconti di prima mano del dittatore in persona, che con la sua mirabile prosa ci ha raccontato le sue imprese nel De bello gallico e nel De bello civili fino a Farsalo. Ciò che sappiamo delle sue gesta successive lo dobbiamo a resoconti assai meno brillanti e dettagliati di altri membri del suo entourage: in particolare, l’ultima campagna ispanica viene descritta in modo sommario e sgrammaticato nel Bellum hispaniense, il contributo più modesto del corpus cesariano. Meno visibili. Ma non solo: col trascorrere del tempo,…

LE BATTAGLIE DIMENTICATE

479 A.C. PLATEA GRECIA ELLENICI-PERSIANI

Fino a che Sparta non intervenne, le regioni della Grecia Centrale erano diventate il campo delle scorrerie di Mardonio, comandante in capo dell’esercito persiano invasore. Sparta, mosse in aiuto di Atene, nonostante la rivalità che iniziava a palesarsi tra le due maggiori póleis elleniche, e solo allora fu possibile mutare il corso della guerra. A Platea circa 60.000 Greci – un esercito enorme per l’epoca, ma certo molto meno numeroso di quello nemico – sconfissero la grande armata persiana, rinforzata dai contingenti inviati dagli alleati, Tessali, Focesi e Beoti. Le principali póleis, fino ad allora rivali, dimostrarono che potevano unirsi per difendere la comune libertà. E anche se Salamina e le Termopili sono rimaste nell’immaginario collettivo, a Platea si fece la Storia, perché la battaglia segnò il definitivo fallimento del…

IL MURO SPARTANO

Come onde di un mare in burrasca, furiose ma incapaci di smuovere una scogliera: così, nel momento culminante della battaglia di Platea, dovettero apparire le schiere dei fanti persiani che si infrangevano contro il muro di scudi della falange spartana, senza riuscire nemmeno a scalfirla. “Non mancavano né di coraggio né di forza fisica”, scrive Erodoto; ma erano “privi di corazza e non addestrati a quel tipo di lotta: si lanciavano all’attacco singolarmente, o in una decina, o in gruppi piccoli o grandi, e finivano uccisi” (Storie, IX, 63). Erano due civiltà e due modi di combattere che si confrontavano per la terza volta nel giro di pochi anni: a Maratona, nel 490 a.C., il corpo di spedizione di Dario si era lasciato sorprendere dall’impeto degli opliti ateniesi; alle Termopili,…

IL MURO SPARTANO

DALLA PARTE DEI PERSIANI GUERRIERO SAKA

Il soldato. Fra i popoli di stirpe iranica che combatterono nell’immensa armata di Serse un posto d’onore meritano i Sakā. Nomadi iraniani, formavano tre raggruppamenti etnici nell’impero di Serse, espressamente menzionati nella iscrizione trilingue di Persepoli: i Sakā “al di là del mare”, (Dahai, cioè gli Sciti occidentali), i Sakā dal lungo berretto appuntito (i Sakā Tigrakhaudā, come quello dell'illustrazione), i Sakā bevitori del sacro haoma (i Sakā Haumavargā), questi ultimi corrispondenti agli Sciti Amirgiani. Le sepolture sakā dell’Altai hanno rivelato mummie di guerrieri con i visi dipinti con colori rossi e neri. L’equipaggiamento. Il Sakā dell’esercito dello spadapatiš (generalissimo) Mardonio indossa un copricapo di feltro, il tipico berretto scita (bashlyk) a flange pendenti, munito di una lunga punta, un corto kaftan in pelle ovina, pantaloni variopinti e una tunica colorata.…

DALLA PARTE DEI PERSIANI GUERRIERO SAKA

479 A.C. LA BATTAGLIA DI PLATEA

I Persiani erano accampati in posizione migliore, con l’accesso alle fonti per approvvigionarsi, i Greci si erano invece spostati sulla pianura di fronte a Platea. L’esercito delle póleis era così schierato: gli opliti ateniesi a sinistra, quelli spartani a destra, al centro gli alleati delle città minori. Preceduta dal fitto lancio dei giavellotti, la cavalleria persiana attaccò costringendo ad arretrare Ateniesi e alleati minori. Gli Spartani, che pure avevano mantenuto la posizione, furono costretti a retrocedere anche loro. Durante la notte, i Greci dovevano abbandonare la piana per risalire sulle colline, poizionandosi in questo modo: gli Ateniesi a destra, gli Spartani a sinistra e gli alleati minori sulla città di Platea. Ma un contingente spartano agì in ritardo, o perché il comandante della divisione considerava vile una ritirata, o perché…

479 A.C. LA BATTAGLIA DI PLATEA

ELLENICI OPLITA DI PLATEA

Il soldato. Guerriero della pólis di Platea, che faceva parte della Confederazione ellenica. Militava nell’esercito di Pausania, il reggente di Sparta. L’equipaggiamento. Il guerriero della Beozia è stato ricostruito con l’equipaggiamento raffigurato su una ceramica del V secolo a.C., trovata nella tomba di un guerriero di Platea morto a Maratona. Il magnifico elmo corinzio in bronzo (kranos) è sormontato da una impressionante doppia cresta fatta di crini di cavallo o di piume. Gli scudi tebani, tespiesi e plateesi potevano seguire il modello dell’hôplon rotondo o avere la forma di quelli tipicamente beotici, cioè scudi (non dissimili peraltro da quelli di vimini persiani e derivati da modelli greci arcaici del tipo Diphylon) circolari con due aperture concave sui lati. La sua decorazione è realizzata da una superficie di lamine di bronzo sbalzate…

ELLENICI OPLITA DI PLATEA

L’esercito spartano

A partire dalla fine del VII secolo a.C. la fanteria delle póleis elleniche venne equipaggiata con un armamento pesante piuttosto complesso e costoso: principale arma difensiva era il grande scudo rotondo di legno massiccio rivestito di bronzo, pesante circa 9 chili, dal diametro di poco inferiore al metro, che veniva imbracciato e appoggiato sulla spalla sinistra: il suo nome (hôplon) finì per esteso per indicare il fante (oplita). L’armamento difensivo era completato – a seconda delle possibilità economiche di ciascuno – da una corazza di bronzo o di lino imbottito, un elmo di bronzo sormontato da un cimiero, e schinieri sempre di bronzo; l’arma offensiva principale era la lancia da urto, lunga circa tre metri e provvista anche di un puntale posteriore, che poteva a sua volta trasformarsi in un’arma…

45 A.C. MUNDA SPAGNA CESARIANI-POMPEIANI

Quella contro Tito Labieno e Gneo Pompeo fu la battaglia che servì a Giulio Cesare per chiudere il capitolo della Guerra civile e regolare una volta per tutte i conti con i pompeiani. Ma fu anche la sua ultima battaglia, quella in cui rischiò tutto: secondo lo storico Appiano, Cesare, che “molte volte aveva combattuto per la vittoria”, a Munda lo fece invece “per la vita”. Quando rientrò a Roma, il dittatore a vita scandalizzò gran parte del senato per la celebrazione del trionfo ottenuto a spese di altri soldati romani. Debellando ogni opposizione militare, si era illuso di non avere più nemici. Munda, che era stata la sua ultima vittoria, risultò invece anche la battaglia più decisiva per il suo destino, che si compì l’anno dopo alle idi di…

L’ULTIMA BATTAGLIA DI CESARE

Tutto iniziò e tutto finì in Spagna. Nella penisola iberica il trentatreenne Gaio Giulio Cesare svolse il suo primo incarico militare, da questore; lì, anni dopo, rivestì il suo primo comando supremo, da propretore. Sempre sullo stesso scacchiere affrontò la sua ultima battaglia, uno scontro mortale che, secondo le sue stesse parole, lo vide combattere non per la vittoria, ma per la vita: una vera e propria resa dei conti con i suoi avversari politici di sempre, i pompeiani, che però non sembra trovare posto tra le tante grandi imprese che hanno reso immortale il celebre condottiero. Dal giorno in cui varcò il Rubicone, il 10 gennaio del 49 a.C., Cesare ebbe contro pressoché l’intero establishment romano. In quasi un quinquennio sgominò tutti i suoi avversari uno a uno, graziando spesso…

L’ULTIMA BATTAGLIA DI CESARE

DALLA PARTE DI CESARE SAGITTARIUS

Il soldato. I sagittarii Cretae (arcieri cretesi) parteciparono come ausiliari in quasi tutte le campagne di Cesare. Sin dall’epoca classica i Cretesi erano famosi come mercenari specializzati nel tiro con l’arco composito (toxos), fatto di legno, avorio e corno. L’equipaggiamento. È ricostruito sulla base di una moneta di Metello Scipione, coniata durante la Guerra civile, che raffigura un bottino di armi cretesi (creticus armatus): la armi offensive erano l’arco, che veniva portato unitamente alle frecce (sagittae) in una faretra ricurva, le frecce con punta a coda di rondine o affusolata (spesso rinvenute sui campi di battaglia cesariani) e un semplice pugnale (pugio). La difesa del corpo era affidata a un corsetto in cuoio trapuntato (corium), a un piccolo scudo in bronzo leggermente ricurvo (peltè) e a un elmo di bronzo (cassis)…

DALLA PARTE DI CESARE SAGITTARIUS

DALLA PARTE DI POMPEO MILES LEGIONARIUS

Il soldato. Il legionario apparteneva all’esercito di Tito Labieno, Gneo Pompeo e Publio Attio Varo, in particolare alla legione reclutata dai pompeiani in Spagna. L’equipaggiamento. È copiato dal rilievo di Urso (Andalusia) che mostra legionari di tarda epoca consolare impegnati in combattimento. Il gladius hispaniensis, dal tipico pomello bilobato, è ricostruito sulla base del reperto rinvenuto in zona, una spada a doppio taglio lunga 52 cm, chiusa nel suo fodero (vagina) di legno, decorato con guarnizioni in bronzo dorato, come il pomello (capulus) della spada. L’arma era fissata tramite un passante al balteus, la cintura con placche d’argento, simile ai cingula legionari di epoca imperiale. La protezione del corpo era affidata a una doppia corazza sovrapposta, un cento (in latino, centone) di feltro e lana portato sopra il subarmalis (tunica protettiva)…

DALLA PARTE DI POMPEO MILES LEGIONARIUS

45 A.C. LA BATTAGLIA DI MUNDA

I pompeiani erano accampati su un declivio, quindi le truppe di Cesare si sarebbero trovate in posizione sfavorevole. Il dittatore dispose le quattro legioni di veterani sui lati dello schieramento, con la X Legio a destra, la III Legio a sinistra e, come di consueto, la cavalleria sulle ali. Contava di attirare il nemico in pianura, ma quando i suoi si mossero, l’avversario rimase fermo sulla sua posizione. I cesariani partirono all’attacco: la cavalleria mauritana di Bogud (1) sgominò quella avversaria e scoprì i fianchi della fanteria pompeiana (2). Con la seconda carica di Bogud avanzò anche la fanteria cesariana, per ingaggiare un duro corpo a corpo (3). Arriva il ko. Per ore nessuno riuscì a prevalere, poi, secondo alcune fonti, Cesare scese da cavallo e chiamò a raccolta i…

45 A.C. LA BATTAGLIA DI MUNDA

1302 COURTRAI BELGIO FRANCESI-FIAMMINGHI

Almeno per un paio d’anni questa battaglia, che vide opporsi le democrazie municipali delle arti e dei mestieri al regno centralizzato di Filippo IV il Bello, annullò le mire espansioniste della Francia nelle Fiandre. Ma soprattutto fu la prima vittoria delle fanterie su un’armata di cavalieri. Una massa anonima di milizie comunali prendeva le armi contro la cavalleria pesante, che pure si sarebbe distinta ancora durante la Guerra dei cent’anni. Ma qui iniziò la rivoluzione militare che si confermò a Bannockburn (1314), Morgarten (1315) e Crécy (1346), con l’affermarsi di fanterie professioniste, come quella elvetica. La sconfitta francese fece rumore fino in Italia e Spagna, ma fu ignorata dagli storici fino al XIX secolo, quando fu oggetto di studi per rinfocolare prima la prospettiva del nazionalismo belga e poi l’identità…

MORTE AGLI SPERONI D’ORO

Il mese di luglio nelle terre basse di Fiandra non è certo quello arso e splendente delle coste mediterranee. I cieli sono bassi, le nuvole corrono veloci sugli acquitrini e sulle paludi, tra i campi spugnosi di torba e lungo le sorgenti azzurrine. Armati di tutto punto, a queste latitudini si sopporta meglio il peso e il caldo aiutati da quella brezza che viene da nord; l’elmo non pesa così tanto e i gambeson, le grosse giacche imbottite, non costringono a estenuanti bagni di sudore. Viste le condizioni, la giornata dedicata a San Benedetto non si apriva male per i balestrieri genovesi che prestavano il loro servizio al re di Francia. Le coste liguri della Repubblica erano lontane, ma il soldo era buono. Il lavoro che avevano di fronte non sembrava…

MORTE AGLI SPERONI D’ORO

DALLA PARTE DEI FIAMMINGHI MILIZIANO DI BRUGES

Il soldato. Il membro della milizia cittadina di Bruges faceva parte delle armi di Giovanni di Namur. Le milizie fiamminghe che combatterono a Courtrai, per lo più fanterie, erano organizzate in gilde (corporazioni) addestrate ed equipaggiate. L’equipaggiamento. Sulla testa porta la tipica cervellière in acciaio del periodo e sopra la cotta d’arme con le armi di Namur indossa un hauberk di cotta di maglia. Le mani sono protette da guanti corazzati a scaglie di balena. Oltre ai due pugnali, utilizzati per il combattimento ravvicinato, la sua arma offensiva principale è costituita dal temibile goedendag: arma, tipicamente fiamminga, era formata da un’asta di legno lunga circa 1,5 metri, chiusa alla sommità da una punta acuminata, usata, in formazione serrata, per disarcionare i cavalieri francesi. Il massiccio puntale era associato all’asta lignea mediante…

DALLA PARTE DEI FIAMMINGHI MILIZIANO DI BRUGES

11 LUGLIO 1302 LA BATTAGLIA DI COURTRAI

I francesi iniziano ad attaccare alle sette del mattino: i cavalieri si riversano nella piana per superare il primo ruscello, ma bloccati nel fango vengono bersagliati dalle frecce nemiche. Mentre Roberto d’Artois richiama i suoi cavalieri, i balestrieri genovesi in forze all’armata francese trovano il modo di superare il fiumiciattolo e si lanciano sugli arcieri fiamminghi costringendoli a ripiegare sul grosso delle loro truppe. L’Artois lancia le due ali della sua cavalleria provocando disordine anche tra le fanterie francesi, ma il secondo ruscello è arduo da superare e molti cavalieri per oltrepassare l’ostacolo calpestano i corpi dei loro compagni affondati nel fango. Quando i francesi sono costretti ad arretrare, non riescono a superare di nuovo il ruscello e si abbattono a terra, preda delle fanterie fiamminghe. La mattanza. I condottieri cadono…

11 LUGLIO 1302 LA BATTAGLIA DI COURTRAI

FRANCIA CAVALIERE

Il soldato. Si tratta di uno dei protagonisti della battaglia di Courtrai, il Gran maestro dei balestrieri reali Jean de Burlats. L’equipaggiamento. Il nobile chevalier difende il suo viso con un “grande elmo” fatto di più sezioni rivettate. Porta, al di sopra di un gambeson (tunica imbottita), una corazza a cotta di maglia con maniche e camaglio (cappuccio); sotto, chausses (calze di maglia metallica) che coprono gambe e piedi, rinforzate da ginocchiere (poleyns). Sulle spalle, le protezioni note come ailettes, piccoli scudi di legno o metallo laccato chiusi con una cinghia intorno al braccio. Il surcoat (“sopra la cotta”) con le armi della casata è di seta spessa, con ornamenti a passamaneria. A parte la spada, la sua arma è un falchion a un solo taglio. Tipico del periodo lo scudo…

FRANCIA CAVALIERE

1402 ANKARA TURCHIA MONGOLI-OTTOMANI

Ci vollero secoli per recuperare la sconfitta subita da Bayezid ad Ankara (l’antica Ancyra o Angora) a opera dei Mongoli di Tamerlano. Una battaglia catastrofica per lo Stato ottomano, che, devastato da una successiva guerra civile fra i due figli di Bayezid, durata 11 anni, arrivò quasi al collasso. Costantinopoli tirò un sospiro di sollievo. L’imperatore bizantino Manuele Paleologo, immischiandosi nella politica di successione ottomana, riuscì addirittura a recuperare qualche territorio ai Turchi. Timur aveva donato altri 50 anni di vita all’Impero romano, fino alla data fatidica del 29 maggio 1453, quando il pronipote di Bayezid, Mehmet II, sultano di uno Stato turco nuovamente consolidato, conquistò la città dei Cesari ponendo fine a 20 secoli di Storia.…

Timur-i Lenk (Timur lo zoppo), meglio conosciuto in Europa come Tamerlano, faceva risalire l’origine della sua famiglia nientemeno che a Gengis Khan. Forse era vero, forse no. Sta di fatto che tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, quest’uomo dagli appetiti insaziabili, sempre desideroso di donne, potere e terre, rivaleggiava con il suo presunto avo nella creazione di un immenso regno. LA RINASCITA DELL’IMPERO MONGOLO. Larghe parti di Russia, Iran, Iraq, India e Asia Centrale cadevano sotto il suo feroce dominio. Solo la morte gli avrebbe impedito la conquista della Cina. Di origine turco-mongola, Timur, il cui nome significa “ferro”, voleva ricreare l’impero del Gran Khan. Uomo di grande cultura, bravo alla guerra come al ggioco degli scacchi, nel quale eccelleva, era capace di conciliare l’inconciliabile, di piegare…

ESERCITO TIMURIDE EMIR DEI TARKHAN

Il soldato. Emiro della cavalleria d’élite timuride (Tarkhan) dell’esercito dello Shah Timuri-Lenk, ovvero Tamerlano. Le miniature dei Fatih Albums della Biblioteca del Topkapi, a Istanbul, da cui questa figura è copiata, vennero realizzate con ogni probabilità in Transoxania dopo la conquista di Tamerlano e mostrano l’influenza del vestiario e del costume cinese sulla cultura materiale di epoca timuride. L’equipaggiamento. Queso ufficiale, splendidamente vestito con un kaftan e una tunica di seta, indossa un’armatura lamellare (jawshan o khujagh) le cui bande sono ricoperte da strisce ornamentali di stoffa. L’armatura è portata al di sopra di un usbergo di maglia dotato di aperture sul retro e sulla parte frontale per facilitare la cavalcata. Il suo elmo conico, rivestito di stoffa preziosa, è uno spangen-helm del tipo visibile nelle miniature orientali e in quelle…

ESERCITO TIMURIDE EMIR DEI TARKHAN

DALLA PARTE DEI TURCHI ARCIERE SERBO A CAVALLO

Il soldato. Soldato serbo dell’Impero ottomano, appartenente all’esercito di Stefan Lazarević, despota di Serbia. L’equipaggiamento. Nonostante i cavalieri serbi del despota Stefan siano ricordati dalle fonti per il loro armamento d’avanguardia, molti erano ancora equipaggiati secondo il tradizionale stile balcanico, che subiva sia l’influenza secolare di Bisanzio sia quella della vicina Italia. Il cavaliere è coperto da una corazza (pansir) di placche di metallo in ferro dorato, ricostruita dai fragmenti recentemente ritrovati nella fortezza di Golubac, dotata del tipico collare corazzato (kolarija) in uso nei Balcani. Tale corazza è indossata al di sopra di una seconda corazza in cotta di maglia (dzeva). Notare il suo elmo (bascinet) di tipo italiano, decorato da un’alta piuma. È armato con un arco (luk) composito in stile ottomano, una spada di importazione germanica (alamanka) e…

DALLA PARTE DEI TURCHI ARCIERE SERBO A CAVALLO

28 LUGLIO 1402 ANCYRA

Nella fase iniziale della battaglia l’esercito del sultano ottomano Bayezid avanzò in formazione a mezzaluna (1), al suono di cimbali e tamburi, mentre i Timuridi attendevano in silenzio. Sulla destra, guidata dal figlio del sultano, Solimano, l’attacco turco (2) cozzò contro una barriera di frecce e nafta: la prima linea di Tamerlano lanciava ripetutamente proiettili di fuoco greco contro gli arcieri che coprivano l’avanzata dei Turchi. Mentre infuriava la battaglia, l’ala destra timuride caricò i disordinati ranghi degli Ottomani (3). Quando il fianco destro di Bayezid, composto dai sudditi anatolici, cedette, la cavalleria dell’ala sinistra timuride contrattaccò in tre ondate (4), passando attraverso gli schermidori turchi e facendo a pezzi la loro cavalleria, che, messa in fuga, venne subito incalzata dai vincitori. L’élite timuride. Tamerlano fece avanzare allora unità della sua guardia…

28 LUGLIO 1402 ANCYRA

1741 CARTAGENA COLOMBIA SPAGNOLI-BRITANNICI

Fu la più grande operazione navale mai combattuta in acque americane, ma anche la maggiore operazione anfibia della Marina britannica, almeno fino allo sbarco di Normandia. La flotta messa in piedi dagli inglesi avrebbe fatto impallidire l’Invencible Armada di Filippo II. In ballo qui c’era il Nuovo Mondo. Conquistare Cartagena de Indias, dopo aver preso Portobello, e con questo anche Panama, equivaleva ad avere la strada aperta verso il Perù, a togliere di mezzo l’ultimo baluardo per conquistare i possedimenti dell’Impero spagnolo nelle colonie. Ecco perché la strenua difesa di questa baia colombiana va considerata una vittoria di proporzioni immense, tale da prolungare fino al XIX secolo il predominio spagnolo nelle Indie Occidentali. Lo storico Toynbee ha detto che se Vernon avesse preso Cartagena oggi in Sudamerica si parlerebbe inglese.…

BALUARDO SPAGNOLO

Siamo abituati a identificare l’Inghilterra con le sue flotte, che hanno raggiunto territori remoti costituendo un impero tra i più vasti che la Storia ricordi. Ma c’è stato un tempo in cui, come tra Roma e Cartagine nel Mediterraneo di quasi due millenni prima, il regno britannico, dopo aver vinto lo scontro con l’Olanda e la sfida con la Francia, dovette condurre una lunga e intermittente guerra dall’Atlantico al Pacifico contro l’altra potenza navale e coloniale dell’epoca moderna: la Spagna. E se alla fine del XVI secolo il conflitto era stato squisitamente militare, con le incursioni dei corsari elisabettiani da una parte, e il tentativo fallito di invasione dell’Inghilterra a opera dell’Invencible Armada di Filippo II dall’altra, un secolo dopo era diventato soprattutto commerciale e si era spostato dalle coste…

BALUARDO SPAGNOLO

1741 L’ASSEDIO DI CARTAGENA DE INDIAS

Apparsa in quelle acque il 13 marzo, la flotta britannica doveva superare numerose barriere: i due forti di Bocachica, altri due castelli all’ingresso della baia interiore di Cartagena e, infine, il forte di San Felipe, che dava protezione alle mura della città. La baia di Cartagena aveva due accessi: quello di Bocagrande, che gli spagnoli avevano sbarrato con le catene, e quello di Bocachica sorvegliato da due poderosi forti, San José e San Luis. Preceduta dalla Weymouth e da altre due navi in esplorazione, la flotta dell’ammiraglio Vernon puntò su San Luis; ma la nave di testa, lo Shrewsbury, finì sotto il tiro dei due forti di Bocachica e dei 4 galeoni spagnoli, tanto da non poter più manovrare. Il veliero finì per bloccare l’accesso al resto della flotta. Mentre…

1741 L’ASSEDIO DI CARTAGENA DE INDIAS

GRAN BRETAGNA GRANATIERE DEL 24 TH REGIMENT OF FOOT

Il soldato. Il reggimento era nato nel 1689 a difesa del regno di Guglielmo III d’Orange, salito al trono inglese dopo che la Gloriosa Rivoluzione aveva deposto Giacomo II, e aveva affrontato tre anni di durissime campagne contro i giacobiti. Nel 1702 fece parte dell’esercito di John Churchill, il Duca di Marlborough, e prese parte alla marcia sul Danubio, un evento che fece epoca: in gran segreto venne spostato un esercito di 21.000 soldati dall’Olanda al Danubio, per ingannare francesi, bavaresi e gli stessi alleati dell’Inghilterra, gli olandesi, che non avrebbero permesso di portare via l’esercito e lasciarli senza difesa. L’equipaggiamento. L’uniforme era rossa con collo e polsini verdi, i risvolti del cappotto foderati di bianco, le calze bianche riservate alle rassegne. I granatieri indossavano sulla testa una mitra verde e…

GRAN BRETAGNA GRANATIERE DEL 24 TH REGIMENT OF FOOT

L’orecchio di Jenkins

Il capitano Robert Jenkins non fu mai un personaggio famoso quanto il suo orecchio, che un giorno del 1738 sfoggiò davanti al Parlamento inglese, tirandolo fuori dalla elegante scatola di mogano in cui lo conservava accuratamente da ben sette anni. Davanti ai deputati sostenne che a tagliarglielo era stato un guardiacoste spagnolo di fronte alle coste cubane, dopo averlo legato all’albero della sua nave, dichiarando di essere pronto a rendere lo stesso servizio a re Giorgio II. Non si è mai saputo per certo se fosse stato proprio quello il motivo per cui il capitano, portato in Parlamento dagli avversari del primo ministro Robert Walpole, avesse perso l’orecchio, ma la storia era credibile: da tempo gli spagnoli avevano operato un giro di vite nei confronti dei mercantili inglesi che i venti…

L’orecchio di Jenkins

SPAGNA REGIMIENTO DE INFANTERÍA ARAGÓN

Il soldato. Il Regimiento de Aragón fu creato a Saragozza per ordine del re Filippo V. Faceva parte dell’Ejército de Tierra, le forze armate spagnole, ma a Cartagena era di supporto all’Armada, la marina, riorganizzata nel 1717 sul modello di quella francese. Nelle colonie americane servivano, infatti, sia le fanterie che i marinai. All’epoca era stata istituita la “matricola di mare”, l’obbligo di servire la marina da guerra per tutti i giovani che volessero svolgere un’attività marinaresca: di fatto, un servizio militare obbligatorio per i pescatori. I grandi arsenali costruiti nel Nuovo Mondo all’inizio del XVIII secolo, come quello dell’Avana, assicuravano anche alle colonie americane una potente flotta, seppure non paragonabile per dimensione alla Royal Navy. L’equipaggiamento. Le uniformi erano sostanzialmente quelle in voga presso le tutte fanterie europee della metà…

SPAGNA REGIMIENTO DE INFANTERÍA ARAGÓN

1813 LIPSIA GERMANIA FRANCESI-ALLEATI

Dopo la sanguinosa battaglia sulla Beresina e la ritirata dalla Russia, gli eserciti di tutta Europa si coalizzarono contro Napoleone, infliggendogli la sconfitta decisiva che avrebbe condotto l’imperatore all’Elba. Sul campo di Lipsia Bonaparte riportò un grave rovescio; questo sancì la sua definitiva disfatta in quella che sarebbe stata ricordata come la campagna per la liberazione della Germania. È opinione di molti storici militari che fu proprio a Lipsia – piuttosto che a Waterloo nel 1815 – che tramontarono definitivamente le fortune dell’impero napoleonico. È indubbio che questa fu una delle più grandi battaglie mai combattute nella Storia, almeno fino all’avvento delle “guerre totali” del XX secolo. Vi presero parte quasi mezzo milione di uomini, appartenenti agli eserciti di tutte le parti in conflitto; è per questo che Lipsia diventò “La…

PRIMA DI WATERLOO

Nell’inverno del 1812, nella steppa russa si disgregava uno dei più grandi eserciti della storia: la Grande Armée di Napoleone Bonaparte. Per questo, all’indomani della Campagna di Russia, uno dei più grandi disastri militari di sempre, l’astro napoleonico si era avviato verso un lento ma inesorabile declino. Respinte fino ai confini di Prussia e Polonia, le truppe francesi erano ormai l’ombra di quella poderosa macchina da guerra che solo un anno prima aveva invaso l’impero zarista. Eppure, nonostante quel fatale rovescio, Napoleone non aveva perso tempo per ricostituire febbrilmente un’armata che gli permettesse di difendere i possedimenti francesi in Europa. L’IMPERATORE RITENTA. Quando nella primavera del 1813 le operazioni ripresero, stavolta sul suolo tedesco, videro contrapposte le forze francesi a quelle russo-prussiane. Bonaparte fu in grado di mettere in campo non…

PRIMA DI WATERLOO

18 OTTOBRE 1813 LIPSIA

Il 18 ottobre, terzo giorno di battaglia, le forze sul fianco destro francese erano agli ordini di Gioacchino Murat, maresciallo dell’impero e re di Napoli, che aveva, tra i villaggi di Connewitz e Probstheida, il II Corpo del maresciallo Victor, il IX Corpo di Augereau, e l’VIII Corpo polacco del principe Poniatowsky. In seconda linea c’erano la maggior parte delle unità della guardia imperiale e il grosso della cavalleria. Il centro era affidato al maresciallo MacDonald, che schierava il suo XI Corpo, rinforzato dal V Corpo di Lauriston e dal II Corpo di cavalleria di Sebastiani. L’ala sinistra, nell’area di Paunsdorf, era comandata dal maresciallo Ney, con il VI Corpo di Marmont (rinforzato dalla 32 Divisione di Durutte), il III Corpo di Souham, e un’aliquota del III Corpo di cavalleria…

18 OTTOBRE 1813 LIPSIA

RUSSIA COSACCO GUARDIA IMPERIALE

Il soldato. I cosacchi erano una specialità di cavalleria irregolare, elemento peculiare dell’esercito dello zar. Provenivano da varie regioni della Russia, ma i più noti e importanti erano quelli del Don e del Mar Nero. Erano organizzati in reggimenti (pulk) comandati da un voskovois ataman (l’atamano era il comandante cosacco), a loro volta formati da 5-10 squadroni (sotnia) di 100 uomini ciascuno. Si calcola che nel 1802 il totale degli effettivi era di 100.000 uomini, pari al 22% dell’esercito russo. Avevano fama di essere feroci: nel 1812 non diedero tregua alle truppe napoleoniche in ritirata dalla Russia. Tuttavia, i cosacchi mancavano della disciplina e dell’addestramento necessari per affrontare reparti regolari avversari in formazione compatta. L’equipaggiamento. Questi reparti formavano anche alcune unità della Guardia imperiale russa, di cui il soldato nell’illustrazione porta…

RUSSIA COSACCO GUARDIA IMPERIALE

FRANCIA SAPEUR DE LA GARDE IMPÉRIALE

Il soldato. I genieri (sapeur) della Guardia imperiale furono costituiti come corpo autonomo nel luglio 1810 come addetti al servizio antincendio dei palazzi imperiali. In seguito assunsero tutte le funzioni del genio, affiancando gli zappatori (che avevano il compito di effettuare scavi, realizzare trincee e strade) già presenti nei reggimenti della Guardia. Nel 1814 gli organici furono aumentati fino a livello battaglione, con la 1 Compagnia inserita nella Vecchia guardia, l’élite dell’esercito napoleonico. Sciolti ad agosto dopo la capitolazione della Francia, furono ricostituiti nell’aprile del 1815, ma con una sola compagnia, che prese parte alla Campagna dei 100 giorni, fino a Waterloo. L’equipaggiamento. L’uniforme era quella dell’artiglieria a piedi, ma con spalline scarlatte, paramano e colletto neri; l’elmo di ferro aveva cresta e orecchioni in ottone.…

FRANCIA SAPEUR DE LA GARDE IMPÉRIALE

1862 PEA RIDGE MISSOURI SUDISTI-NORDISTI

I sudisti puntavano sulla campagna nel Missouri dell’inverno 1861-1862 per assicurarsi una regione cuscinetto che proteggesse il fianco nord-occidentale dei nuovi Stati Confederati d’America. La strategia sudista era semplice: avanzare verso nord attraverso il Missouri, sconfiggere i nordisti e catturare St. Louis, la porta verso l’ovest, un importante centro industriale e commerciale, oltre che città notoriamente favorevole all’Unione. Ma vincendo a Pea Ridge i nordisti inflissero ai sudisti una sonora sconfitta, sebbene l’esercito confederato riuscisse a battere in ritirata sfuggendo alla distruzione completa. La vittoria, importante soprattutto sotto il profilo strategico, consegnò il Missouri al controllo dell’Unione e lasciò l’Arkansas senza difese.…

SFIDA A ELKHORN TAVERN

Conosciamo molto bene i principali protagonisti e le grandi battaglie della Guerra civile americana (1861-1865): Robert E. Lee, comandante dell’armata sudista della Virginia Settentrionale; Ulysses S. Grant, che finì per sconfiggerlo e costringerlo alla resa dopo una serie di campagne sanguinose; William T. Sherman, l’implacabile conquistatore di Atlanta; Thomas J. Jackson, forse il più straordinario tattico dell’intero conflitto, che si era guadagnato il soprannome di “Stonewall” quando le truppe della sua brigata, nella prima battaglia di Bull Run, si erano schierate su una cresta “come un muro di pietra”, respingendo l’assalto unionista, e cadde poi vittima del fuoco amico di una sentinella confederata nel momento della sua più straordinaria vittoria, a Chancellorsville, il 10 maggio 1863. Per chi conosce superficialmente le vicende del conflitto, quasi tutto sembra accadere nel teatro…

SFIDA A ELKHORN TAVERN

8 MARZO 1862 PEA RIDGE

7 MARZO. Il generale confederato Earl Van Dorn aveva deciso di non attaccare frontalmente le posizioni di Curtis, preferendo aggirare entrambe le ali dell’armata unionista per piombare alle sue spalle nei pressi di Elkhorn Tavern. Nel corso della manovra, tuttavia, le due divisioni sudiste avevano perso contatto, senza riuscire a ricongiungersi alle spalle del nemico come previsto da Van Dorn. Leetown. Gli 8.000 confederati di McCullough, in buona parte veterani della battaglia di Wilson, incaricati di aggirare il fianco destro nemico, vennero bloccati dal fuoco della fucileria nemica: il loro comandante fu tra i primissimi a cadere, e la sua divisione, rimasta priva di guida, non riuscì a proseguire efficacemente nell’attacco. Un secondo tentativo venne bloccato dalla divisione unionista di Davis, inviata dal generale Curtis a sostegno del settore minacciato. Elkhorn Tavern. Intanto,…

8 MARZO 1862 PEA RIDGE

NORD 4° REGGIMENTO VOLONTARI DELLO IOWA

Il soldato. Fante del 4 Iowa volunteer infantry, uno dei reggimenti dell’Army of the Southwest (Armata del Sudovest) che combatté a Pea Ridge sotto il generale Curtis. Questa unità si distinse in entrambe le giornate di battaglia, dove perse metà degli effettivi; i volontari del 4° Iowa si batterono come veterani, guidati dal colonnello Dodge. L’equipaggiamento. Nonostante il valore dei suoi uomini, all’inizio questo era un reggimento solo di nome: ben pochi fra questi soldati avevano una vera uniforme, la maggior parte di loro portava l’abito che indossava quando si era unito al reparto. Facevano addestramento con qualche moschetto prussiano, ma quando passarono sotto le file di Curtis furono approvvigionati di armi, vestiti, calzature invernali, tende e cucine da campo. Fra le armi, l’esercito unionista aveva fucili come l’Enfield P53, che…

NORD 4° REGGIMENTO VOLONTARI DELLO IOWA

La guerriglia nel Missouri

Quando il generale Curtis, nel febbraio del 1862, avanzò da Springfield verso l’Arkansas, le sue truppe attraversarono un Paese che recava le tracce evidenti di una lotta feroce: campi e fattorie bruciati, bestiame abbattuto, cadaveri di civili inermi abbandonati lungo le strade. “Una vista terribile”, scrisse il generale unionista, “che per il bene dell’umanità vorrei venisse cancellata dalla memoria”. Responsabili dei crimini commessi nel Missouri Centro-Meridionale erano le bande di cavalleggeri, sia unionisti che confederati, che conducevano una spietata guerriglia fatta di continue rappresaglie contro i civili anche soltanto sospettati di fornire assistenza alle truppe nemiche. Alcuni di questi guerriglieri diventarono famosi per la loro audacia non meno che per la loro crudeltà, soprattutto tra le file dei cosiddetti Bushwhackers confederati: come William Clarke Quantrill, capace di guidare i suoi…

SUD BUSHWHACKER DEL MISSOURI

Il soldato. Non erano soldati regolari, ma raider che si muovevano in piccoli gruppi su cavalli veloci e combattevano con le tattiche della guerriglia. A volte, però, erano in numero abbastanza grande da venire impiegati in battaglie campali contro le forze dell’Unione. La banda di William Quantrill, per esempio, contava 400 membri. L’equipaggiamento. Solitamente l’arma da fuoco preferita dai Bushwhackers era il revolver, come le pistole ad avancarica Colt Navy, le preferite da Quantrill, o come le .44 Colt; per ricaricarle ci voleva tempo, per cui i guerriglieri si portavano dietro fino a sei, otto pistole già cariche. Usavano anche carabine, fucili Sharps a caricamento rapido, come quello illustrato, oppure ogni altro genere di arma, dalle asce ai coltelli da caccia. I guerriglieri indossavano soprattutto abiti civili, sebbene nel corso del…

SUD BUSHWHACKER DEL MISSOURI

1912 TURCHIA MAR EGEO ITALIANI-OTTOMANI

Messa in sordina dalle spettacolari battaglie navali delle due Guerre mondiali, l’impresa dei Dardanelli va rivalutata alla luce del momento storico in cui si colloca. Il conflitto italo-turco scoppiò dopo la lunga pace tra fine ’800 e i primi anni del XX secolo, quando tra le nazioni più sviluppate si era diffusa l’effimera speranza di rendere “umanitaria” la guerra. I belligeranti erano vincolati a remore morali e la politica imponeva limitazioni e moderazione agli eserciti. L’operazione di Millo, il forzamento, ovvero il superamento delle difese turche dello stretto, resta l’emblema di come si possa vincere una battaglia senza sparare un solo colpo di cannone, suscitò enorme entusiasmo in Italia e colpì direttamente l’immaginazione collettiva, che ritenne portentosa quella sfida lanciata da cinque piccoli vascelli all’enorme sistema difensivo ottomano. In Turchia, di…

IL FORZAMENTO DEI DARDANELLI

Enrico Millo era capitano di vascello della Regia Marina quando si presentò all’appuntamento con la Storia con l’azione di forzamento dello Stretto dei Dardanelli. Era la notte tra il 18 e il 19 luglio 1912 e la guerra contro la Turchia per il controllo della Libia, che si protraeva ormai da 10 mesi, usciva con lui da una sostanziale situazione di stallo e volgeva in maniera determinante a favore dell’Italia. Le cinque torpediniere sotto il suo diretto comando penetrarono per quindici miglia nelle acque metropolitane avversarie, sotto il fuoco costante di artiglierie di ogni calibro, arrivando a raggiungere l’ancoraggio dove il grosso delle forze navali turche si sentiva al sicuro, riuscendo poi a tornare indietro per prendere nuovamente il mare aperto, e tutto con pochi danni e senza perdita di uomini. Con…

IL FORZAMENTO DEI DARDANELLI

ITALIA MARINAIO

Il soldato. Durante la Guerra italo-turca i marinai della Regia Marina furono impiegati anche come fanteria nell’ambito delle compagnie da sbarco, in attesa dell’arrivo dei reparti dell’esercito, come fecero nelle principali località della costa libica, ma anche a Rodi e nel Dodecaneso. L’equipaggiamento. Quello raffigurato indossa la “pizza”, il berretto piatto da marinaio comune alle marine di tutto il mondo, una corta casacca chiamata “camisaccio”, anch’essa tipica dell’uniforme della Marina, mentre al collo ha un fazzoletto di colore nero e un cordone di colore bianco. Si intravede anche il lembo anteriore del cosiddetto “solino”, un lenzuolino che ricade sulle spalle, con bordo blu che reca due righe bianche per gli equipaggi imbarcati, e una riga singola per il personale impiegato a terra, come in questo caso. Dovendo operare sulla terraferma l’uniforme…

ITALIA MARINAIO

Una tattica ardita

Considerata un’azione minore rispetto ai grandi eventi navali che caratterizzarono le due Guerre mondiali, in realtà il forzamento notturno dei Dardanelli da parte di Millo è da considerarsi un’operazione non solo molto ardita, ma anche tecnicamente complicata e tatticamente sensibile. Meglio gli italiani. A riprova va considerato che tre anni più tardi, durante la Grande guerra, gli Alleati vollero tentare in forze la medesima operazione subendo l’affondamento della corazzata francese Bouvet e degli incrociatori inglesi Ocean e Irresistible, oltre al serio danneggiamento dell’Inflexible e di naviglio minore.…

Una tattica ardita

La Guerra italo-turca e i suoi primati

Pur nella sua limitata estensione e durata, la Guerra italo-turca (sopra, una carta con le principali operazioni navali e le direttrici degli sbarchi) fece registrare un certo numero di “primati” frutto delle innovazioni tecnologiche dell’epoca applicate all’arte militare. Per la prima volta nella storia militare, infatti, nel corso dei combattimenti in Libia si assistette all’impiego dell’aeroplano in ruolo di bombardamento, oltre che in operazioni di ricognizione e di direzione del tiro d’artiglieria. Furono dapprima effettuati attacchi contro le truppe nemiche con il lancio a mano da parte del pilota di granate appositamente studiate per lo specifico uso (granate Cipelli da 1,5 kg circa); successivamente, si andò perfezionando la tecnica con l’adozione di sistemi di punteria e bombe a più alto potenziale. Altra “prima volta” fu l’introduzione del servizio automobilistico in…

La Guerra italo-turca e i suoi primati

18-19 LUGLIO 1912 STRETTO DEI DARDANELLI

Abbandonato con la relativa scorta il riparo dell’isola di Strati al tramonto del 18 luglio, la formazione di torpediniere raggiunge con il favore del buio l’ingresso dello Stretto dei Dardanelli. Lasciata la scorta, le cinque unità di Millo forzano il passaggio difeso dai due forti turchi di Kumkale e di Sedd el Bahr senza suscitare allarmi. Tenendosi a ridosso dell’alta costiera del lato europeo iniziano l’infiltrazione all’interno dei Dardanelli. L’allarme. Dopo qualche miglio l’unità di testa viene illuminata dai proiettori di un posto di avvistamento turco che dà l’allarme alle batterie costiere su entrambe le sponde dello stretto che iniziano un furioso fuoco di sbarramento. Per rendere difficoltoso il tiro nemico Millo fa avvicinare ancora di più la formazione alla costa settentrionale e ordina alle navi di assumere la massima velocità.…

18-19 LUGLIO 1912 STRETTO DEI DARDANELLI

TURCHIA UFFICIALE DI ARTIGLIERIA OTTOMANA

Il soldato. Alla fine del XIX secolo l’esercito ottomano iniziò a essere organizzato secondo il modello tedesco. L’equipaggiamento. Ci furono notevoli cambiamenti anche nella foggia delle uniformi, che passarono da quelle tradizionali usate nei secoli passati a quelle più moderne di foggia europea. Alcuni elementi restavano però tradizionali: l’ufficiale indossa il kalpak, il colbacco di pelliccia di pecora, che con il frustino impugnato nella mano destra lo distingue da truppa e sottufficiali. La giubba è di colore bianco, che da oltre un secolo era quello utilizzato nell’esercito turco per le uniformi estive. Il colletto di colore blu scuro indica l’appartenenza all’artiglieria; oltre al binocolo porta a tracolla un portacarte, tutti accessori tipici degli ufficiali di quest’arma, che vede da sempre tra le sue peculiari attività tecniche la topografia e l’osservazione del…

TURCHIA UFFICIALE DI ARTIGLIERIA OTTOMANA

1942 1 A DI EL ALAMEIN NORDAFRICA ITALO/TEDESCHI-BRITANNICI

Nel luglio 1942, dopo aver conquistato la città di Tobruk, le forze italo-tedesche in Nordafrica agli ordini di Erwin Rommel entrano in Egitto e cercano di sfondare la linea difensiva tenuta dall’8 Armata britannica guidata dal generale Claude Auchinleck. Dopo essere riusciti a fermare l’avanzata delle truppe dell’Asse, salvando l’Egitto e le aree strategiche del Delta del Nilo e del Canale di Suez, gli inglesi contrattaccano, sventando così ogni pericolo di una ulteriore ripresa dell’iniziativa avversaria. Alla fine, la prima battaglia di El Alamein fu il punto di svolta in Africa: Auchinleck riuscì a fermare l’offensiva italo-tedesca in Egitto.…

BLOCCATE ROMMEL

Un lembo di terra africana prende il nome da un villaggio sulla costa mediterranea dell’Egitto: El Alamein, in lingua araba “due bandiere”. Durante la Seconda guerra mondiale questa zona arida e desolata, nel teatro operativo dell’Africa Settentrionale, assunse un valore inestimabile in virtù di una sua precisa caratteristica: non era aggirabile da sud. Nei due anni precedenti infatti, nella cosiddetta “Campagna del deserto”, la forma di manovra dell’aggiramento era stata quasi una costante nelle offensive di ambo le parti, a causa della conformazione geografica della costa nordafricana tra Libia ed Egitto. A partire da questo litorale, inoltrandosi nell’entroterra verso sud, si stendono quasi mille chilometri di terreno desertico della regione sahariana, fino alle rispettive frontiere con Ciad e Sudan, e oltre. Di conseguenza, tutte le linee difensive finivano con l’avere…

BLOCCATE ROMMEL

AUSTRALIA FANTE

Il soldato. L’8 Armata britannica fu una delle più famose Grandi Unità della Seconda guerra mondiale e in Nordafrica scrisse le pagine più note della sua storia. Fu anche una vera forza multinazionale, alla quale fornirono contingenti praticamente tutti i Paesi del Commonwealth. Gli australiani erano considerati i soldati più bizzarri e indisciplinati tra queste truppe, ma anche i più coriacei e combattivi. A El Alamein erano inquadrati nella 9 Divisione australiana, che si era già distinta nel 1941 nella difesa di Tobruk e, anche in quest’occasione, fu una delle formazioni più temute ed efficaci. L’equipaggiamento. La fanteria australiana aveva l’equipaggiamento e l’armamento standard di quella britannica. Questo soldato porta, infatti, le tipiche grandi giberne in tela e imbraccia il fucile Lee-Enfield N° 4 Mk I calibro 0.303 (7.7x56 mm). La…

AUSTRALIA FANTE

1-27 LUGLIO 1942 LA PRIMA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN

Nel suo piano per l’attacco alla posizione di El Alamein, Rommel cercò di superare l’ultima barriera che lo separava dal Canale di Suez con un’offensiva rapida e risolutiva. Decise così di attaccare tra il 2 e il 4 luglio prima al centro della linea difensiva britannica (1) e poi a nord (2), in prossimità della costa, impiegando come di consueto le sue divisioni corazzate e motorizzate come punta di diamante della sua spinta. Le forze dell’Asse erano però già fortemente logorate dalle precedenti battaglie e iniziarono a soffrire di una crisi logistica che alla fine si sarebbe rivelata fatale. Uno dei problemi principali dell’armata italo-tedesca risiedeva nel fatto che dopo la rapida avanzata in Egitto le sue linee di comunicazione, che si stendevano fino in Libia, si erano allungate troppo…

1-27 LUGLIO 1942 LA PRIMA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN

ITALIA BERSAGLIERE

Il soldato. I bersaglieri furono istituiti nell’esercito piemontese come specialità dell’arma di fanteria nel 1836, per formare reparti di fanti leggeri idonei a compiere azioni veloci e manovrate, mantenendo nel tempo questa loro originaria vocazione. Durante la Seconda guerra mondiale, queste unità andarono a costituire la componente di fanteria nelle divisioni “celeri”, corazzate e motorizzate. In Africa Settentrionale alcune tra queste, come l’8° Reggimento della Divisione corazzata Ariete, furono tra le migliori messe in campo dal Regio esercito italiano. L’equipaggiamento. Il casco coloniale con occhialoni da deserto faceva spesso parte del corredo delle truppe italiane in Africa, così come il moschetto Carcano 91/38 cal. 6,5x52 mm. La “vaira” sul copricapo (comunemente nota come “piumetto”) e le mostreggiature (le cosiddette “fiamme” di color cremisi sul colletto) sono invece, allora come oggi, esclusive…

ITALIA BERSAGLIERE

DENTRO L U-BOOT

“Il metallo scricchiolava sotto la grande pressione dell’acqua gelida. Il dolore era diventato frenetico. I polmoni e il corpo erano in grado di scoppiare. Buio”. Questa è la testimonianza di un sommergibilista della Seconda guerra mondiale. L’equipaggio dei temibili sommergibili tedeschi U-boot (Unterseeboot), i dominatori della battaglia dell’Atlantico (1939-1945), viveva in costante disagio e pericolo mentre scriveva le importanti pagine del conflitto sotto il mare. Servivano nervi saldi per passare con rapidità all’azione nel momento dell’attacco “a branco di lupi ”(Rudeltaktik), la tattica che prevedeva di colpire in maniera coordinata singole navi. I marinai sapevano che in caso di incidente li attendeva una morte orribile: la lunga asfissia sul fondo dell’oceano. Allora il pensiero andava alle famiglie. Gomito a gomito condividevano gli spazi angusti: l’aria era viziata e con poco…

DENTRO L U-BOOT

I GUERRIERI OMBRA

Ombre nella notte. Veloci come il vento, rapidi come la folgore e silenziosi come i serpenti. Ma letali come il veleno. Questi erano gli shinobi-no-mono, le spie e gli assassini del Giappone feudale, che noi conosciamo come “ninja”, un termine dialettale poi divenuto di uso comune in epoca moderna. Se al museo Ninja di Iga-Ueno alzate gli occhi al soffitto rimarrete impressionati da una temibile figura di cera che vi guarda con occhi minacciosi. Quella doveva essere l’ultima immagine che le vittime si trovavano davanti prima di morire. Ninja significa “guerriero ombra” o “guerriero invisibile”. Uomini votati all’arte dell’assassinio, che specialmente nel periodo Sengoku vennero assoldati dai tanti signori della guerra per eliminare pericolosi rivali, o per compiere colpi di mano inaspettati (kisho), alla stregua di moderni commando. Come loro, praticavano…

I GUERRIERI OMBRA

Sono fra le più fantasiose e ingegnose che la Storia ricordi. Alcune armi degli shinobi sono menzionate nel Bansenshukai, un libro giapponese sull’addestramento dei ninja; a volte variavano da clan a clan. Le scarpe acquatiche (mizugumo) potevano avere la forma dei velocipedi in legno dei ninja di Koga 1 . Per nuotare, questi assassini si servivano più agevolmente di galleggianti legati insieme 2 – una specialità dei ninja di Nagano. In terreni paludosi, ma disseminati di pietre, i più abili potevano servirsi anche degli instabili ukidaru 3 – una sorta di secchi di legno legati insieme. Per arrampicarsi c’erano strumenti come lo shinobi kumade 4 – un’asta scorrevole di bambù che conteneva una corda con una estremità a uncino: questa si avvolgeva in silenzio intorno ai rami degli alberi. Oppure…

SHINOBI-NO-MONO, 1583 ARMATA DI TOKUGAWA

L’equipaggiamento. Il costume shinobi prevedeva una casacca simile a quella usata oggi per le arti marziali, senza legacci, con le estremità rimboccate nei pantaloni per agevolare la scalata dei muri. I calzoni somigliavano a quelli dei samurai a cavallo, abbastanza stretti e legati sotto il ginocchio. Si notino i gambali di stoffa e le calzature nere di corda tabi, la calza nippon con divisione del pollice e suole rinforzate, portate insieme a sandali di paglia (waraji). Sopra si indossava una camicia con maniche strette, tenuta ferma da una lunga cintura nera, sotto una cotta di maglia per difendersi dai colpi. Questo ninja impugna una versione particolare della catena a falce kusarigama, la shinobigama.…

SHINOBI-NO-MONO, 1583 ARMATA DI TOKUGAWA

Le imprese degli shinobi divennero leggendarie, come quella di un ninja solitario che avrebbe dato fuoco a un intero castello, o le gesta di Nakagawa Shoshunjin, capace di sottrarre il cuscino a chi dormiva per mostrare la sua abilità. Alcuni ninja divennero famosi, come Hattori Hanzo Masashige, soprannominato “Hanzo il diavolo”, fedele servitore di Tokugawa Yeiasu. Ma furono gli assassini di grandi personaggi che diedero ai ninja fama imperitura. Il ninja nano. Il più grande rivale di Takeda Shingen, il monaco-daimyō Uesugi Kenshin, signore di Kofu, sarebbe forse divenuto il padrone del Giappone se la lama di uno shinobi non avesse inaspettatamente troncato la sua vita. L’assassino, un ninja nano, si nascose per settimane nella lavanderia di Kenshin, fra i panni sporchi, aspettando il momento per colpire. Il mandante era Oda…

11 ° REGGIMENTO TRASMISSIONI

Herat. Il cielo si tinge di rosa a Oriente, sulle creste maestose del Paropamiso. Comincia la giornata degli uomini e delle donne dell’11° Reggimento trasmissioni in servizio con il contingente italiano nella città afghana: ci si sposta dall’acquartieramento al Centro trasmissioni, realizzato all’interno dei locali che ospitano le Forze Speciali. Il centro è paragonabile al sistema nervoso di un organismo vivente, perché sovrintende alle principali funzioni di controllo ed elaborazione dati. AL FIANCO DELLE FORZE SPECIALI. Quando le prime pattuglie escono in attività di addestramento e assistenza in favore delle forze di sicurezza locali le radio iniziano a gracchiare. I sistemi di comando e controllo permettono di geolocalizzare il personale e le operazioni sono costantemente seguite da remoto: le situazioni di criticità o gli eventi di rilievo sono prontamente riportati –…

11 ° REGGIMENTO TRASMISSIONI

La storia dell’11°

All’11° Reggimento sono state affidate le responsabilità delle comunicazioni a supporto delle operazioni più delicate in teatri operativi difficili e lontani dal territorio nazionale. Da quasi 40 anni, infatti, il reparto è la punta di diamante del nostro esercito nel campo delle trasmissioni. Il Reggimento eredita le tradizioni dell’11° Battaglione trasmissioni “Leonessa” che, a sua volta, tenne vivo il retaggio di due battaglioni costituiti in successione durante la Seconda guerra mondiale: l’XI Battaglione collegamenti di armata, formato nel luglio del 1940 a Roma, e l’XI Battaglione marconisti della 6 Armata, costituito nel gennaio 1943 in Sicilia e sciolto dopo l’evacuazione dell’isola. Nel dopoguerra. Il reparto è stato ricostituito a Bologna nel 1972, alle dipendenze dell’Ispettorato delle trasmissioni. Nel 1975, con la ristrutturazione dell’Esercito, è stato denominato 11° Battaglione trasmissioni “Leonessa” e…

L’eroe delle trasmissioni

Pochi sanno che anche un’arma tecnica come le trasmissioni ha i suoi eroi. L’11° Reggimento annovera idealmente tra le sue file il sergente maggiore Roberto Cuomo, insignito della Medaglia d’Oro al Valore dell’Esercito alla memoria dal presidente Oscar Luigi Scalfaro, il 1° agosto 1995. A lui è intitolata la caserma sede del Comando C4 Difesa di Roma. In servizio fino alla fine. Non sempre le medaglie si conquistano in battaglia, qualche volta la lotta è quella contro una malattia che ti strappa alla vita. Questo sottufficiale specializzato nel settore delle telecomunicazioni, impegnato nella missione in Somalia “ITALFOR IBIS 2” come responsabile della centrale telefonica del contingente militare italiano a Balad, si era scoperto malato e per due mesi, con eccezionale spirito di sacrificio, aveva continuato a svolgere il suo servizio in…

L’eroe delle trasmissioni

Satelliti e cyber warfare, la nuova frontiera

L’11° Reggimento trasmissioni non rappresenta solo un’eccellenza per gli aspetti eminentemente operativi e di proiezione delle unità in scenari di crisi, ma anche per quelli tecnologici per la presenza dell’unico Centro di supervisione e configurazione sistemi satellitari (Ce.S.Co.Si.S.) dell’esercito italiano, inaugurato il 25 febbraio 2005. Il centro garantisce la gestione e la supervisione degli apparati ed equipaggiamenti informatici e satellitari impiegati per la realizzazione dei collegamenti strategici sia con i contingenti schierati in tutti i principali teatri di operazione sia con le unità in esercitazione in patria, oltre alla loro integrazione con le reti infrastrutturali nazionali terrestri dell’esercito e della difesa. Inoltre, è responsabile della gestione e della supervisione locale – con attivazione on call degli assetti di back-up – in caso di disaster recovery del Centro interforze gestione controllo…

SAGGISTICA A cura della Libreria Militare Via Morigi, 15 - 20123 Milano - tel/fax: 02 89010725 e-mail: libmil@libreriamilitare.com www.libreriamilitare.com Scipione l’Africano. L’invincibile che rese grande Roma di Gastone Breccia Appassionata e apppassionante biografia di uno dei più famosi generali romani. Fu il genio militare che trionfò sul pericolo più grave subìto dalla Repubblica Romana, ma fu anche un ambizioso uomo politico. Proprio sull’esito infausto della sua ascesa, che avrebbe potuto portarlo all’impero e invece lo condusse all’esilio, è appuntato l’interesse dell’autore, che rilegge in tal senso l’intera folgorante carriera di Publio Cornelio Scipione, l’Africano. Salerno Editrice, € 21 La cristianità in frantumi Europa 1517-1648 di Mark Greengrass Un’analisi poderosa, amplissima e molto documentata dell’impatto della Riforma luterana sugli equilibri politici, sociali, economici e militari dell’Europa tra il Cinquecento e metà Seicento, dalle guerre di religione in Germania alla…

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